
Il Rafano è conosciuto in genere nella medicina popolare e si usa per curare le contusioni, mentre a Civitavecchia (e sui monti della Tolfa) si usano in cucina. Il sapore è particolarmente amaro, quindi bisogna essere degli amatori, e sopratutto non si può coltivare, quindi proporli al mercato richiede un lavoro non indifferente. Si possono preparare frittate, insalatine fatte con il cuore del rafano o più tipicamente preparare una zuppa.
In linea di massima la zuppa si prepara così, poi magari il nostro amico Pierluigi Gorla ci invierà la sua ricetta:
Si tagliano a pezzi le parti piu tenere dei rafani (punte e foglie) e si lavano. Si fa soffriggere l’aglio e il peperoncino in abbondante olio, poi si aggiungono i rafani e si lasciano cuocere a fuoco lento a pentola coperta, mescolandoli di tanto in tanto. Si aggiustano di sale e quando sono quasi cotti si aggiunge l’acqua (mezzo bicchiere a commensale) e si porta a termine la cottura. Quindi si aggiungono le uova, affogandole una alla volta. La zuppa si serve con fettine di pane casalingo tostate e, a piacere, strofinate con l’aglio.
Spero mi di ricevere qualche altra ricetta perchè sui rafani non sono preparatissimo. 🙂
Il primo suggerimento da parte di Pierluigi è stato quello di aggiungere una salsiccia oltre all’uovo… direi che ci sta proprio bene!!! 🙂 Ovviamente la salsiccia va aggiunta molto prima dell’uovo come mi suggerisce Alessandro.
Linda invece ha aggiunto un’altra variante, ha aggiunto i fiori di broccoletto (ciccetti) spellati a crudo.
Innanzitutto grazie per l’articolo che mi ha fatto venire l’acquolina in bocca, e ricordare i bei tempi in cui da ragazzo andavo a raccogliere “rafani” con mio nonno sui monti della tolfa…
Una precisazione per evitare confusioni come per i carciofi alla giudia o alla romana: il “rafano” é chiamato cosí solo in civitavecchiese, in realta si chiama “tamaro” (Tamus Communis). E|’ un’erba perenne rampicante i cui germogli ricordano vagamente i turioni degli asparagi selvatici, e non ha niente a che fare con il vero rafano (rafano cren o barbaforte, Armoracia rusticana) di cui viene usata in cucina solo la radice grattugiata nelle salse.
E per finire con le varianti in questa acquacotta spesso si aggiunge un pó di salsa di pomodoro, secondo un’uso mutuato dalla bassa maremma….
Grazie mille per il tuo commento